Mobili antichi intarsiati

Intarsi

Cosa sono e come vengono realizzati

La tecnica di applicare sottili fogli di legno pregiato, ad esempio noce, su un altro legno più economico era già nota agli antichi Egizi, ai Greci, ai Romani: l'impiallacciatura come metodo di lavoro parsimonioso.

Anche l'intarsio era conosciuto in civiltà molto antiche, e quello ligneo venne ripreso in Italia nel XV secolo; allora si scavava il legno dove andava inserito l'intarsio incastrando i vari pezzettini lignei di altro colore e andando a formare il disegno desiderato. Dall'Italia le tecniche rinascimentali di lavorazione dei mobili antichi intarsiati si diffusero in tutta Europa.

Nel Seicento e nel Settecento il legno veniva segato in piallacci di spessore variabile dai 3 ai 6 mm con mezzi primitivi e grande spreco di materiale. Il taglio dei piallacci può essere fatto lungo i raggi midollari, e in questo caso si ottiene il disegno rigatino, se tangente alla circonferenza si ottiene il fiammato, vicino ai rami o alle radici si ottengono le radiche ed altri metodi ancora.

La tecnica moderna chiamata intarsio è in realtà la marqueterie, che a differenza dell'intarsio che veniva incastonato nel massello è una lastronatura ottenuta con diversi legni, a volte accostati con materiali quali l'avorio, la tartaruga, la madreperla, il peltro, l'ottone, il rame composti come un puzzle per dar vita a elementi decorativi. Piallacci di diverse essenze e diversi colori venivano di solito sovrapposti l'uno sopra l'altro formando vari strati; il disegno da eseguire veniva incollato sul primo foglio e poi si procedeva con il taglio.

Con questo metodo si riuscivano a tagliare vari strati in modo abbastanza preciso da comporli successivamente come dei puzzles nella lavorazione dei mobili antichi intarsiati.

Tecnica degli intarsi
L'arte della lavorazione mobili con intarsi

Una grande evoluzione del taglio fu data dal seghetto ad arco, che con la sega montata su una struttura rigida consentiva una maggior precisione, riducendo al minimo le fessure dovute al taglio. Dopo il taglio le impiallacciature venivano separate con un coltellino sottile, ogni tassello veniva scelto in uno strato, assemblando poi i vari tasselli di diversi colori ottenuti dal taglio formando poi le figure o i disegni geometrici che si volevano comporre.

I legni venivano poi ombreggiati passandoli nella sabbia bollente o annerendoli con un ferro rovente, in questo modo assumevano delle ombreggiature che davano loro profondità e movimento.

Alla fine del XVI secolo con l'evoluzione dell’intarsio e la ricerca di nuovi colori si iniziò a ricorrere alla tintura dei legni. Il Vasari attribuisce la paternità di questa tecnica a fra Giovanni da Verona, altri storici ai fratelli Canozzi di Lendinara attorno al 1642.

Gli intarsi colorati di gran voga nel ‘700 erano creati soprattutto dai grandi ebanisti francesi; secondo alcuni in Italia invece Giuseppe Maggiolini arrivò ad utilizzare fino a ottantasei tipi di legno diverso.

Poiché l'intarsio e la marqueterie rappresentavano spesso in modo realistico scene figurate, motivi naturalistici e vedute architettoniche, era necessario conoscere le regole della prospettiva. I mobili antichi intarsiati erano in quel periodo paragonabili a veri e propri dipinti incorniciati, con disegni progettati da famosi pittori e realizzati con particolari molto dettagliati e precisi.

La realizzazione di mobili antichi intarsiati ha avuto alti e bassi a seconda dei periodi storici. Nei periodi Impero, Carlo X e Luigi Filippo i mobili, pur essendo ricchi di impiallacciature molto importanti, non avevano o avevano in minima parte degli intarsi.

Ai giorni nostri con questa antica tecnica si restaurano o si creano copie di mobili antichi dei grandi ebanisti come Boulle o Maggiolini.

Oggi come allora vengono creati mobili che riprendono determinati periodi storici, o vengono creati anche intarsi, spesso geometrici, per mobili moderni e attuali anche se la cultura moderna spinge verso "finti" materiali ecologici quali ad esempio i laminati colorati derivati dalla plastica.

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